di Federica Calabrese

Molfetta e il suo tradizionale panino del Venerdì santo: è il secolare "pizzarello"
MOLFETTA – Ci sono le uova di cioccolato e le colombe, l’antipasto chiamato “benedetto” o la baresissima e dolce “scarcella”. Nel periodo pasquale sono diverse le tradizioni culinarie che uniscono simboli religiosi al piacere della tavola.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

A Molfetta, cittadina in provincia di Bari, ce n’è poi una molto particolare che cade il giorno del Venerdì Santo: è quella del “pizzarello” (pizzaried in dialetto locale). Si tratta di un panino croccante dalle inusuali estremità appuntite, i cosiddetti pizzl (da qui il nome), abitualmente farcito con tonno e un filo d’olio. (Vedi foto galleria)

Distribuito un tempo dagli ambulanti o dalle confraternite come ristoro per i devoti che durante la notte seguivano la veglia che anticipava la processione dei Cinque Misteri, ora è per lo più prodotto dai panifici molfettesi e venduto spesso dalle bancarelle lungo le vie del centro.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«E’ una tradizione irrinunciabile - ci dice la 60enne Sabrina, panettiera che ogni anno si prodiga nell’infornare chili di questi filoncini -. Bastano pochi ingredienti: farina, acqua, lievito e un pizzico di sale. I miei genitori negli anni 60 ci mettevano anche del pepe e qualche goccia di limone, prima di dare al pizzarello la sua forma tipica. Ma è la cottura a farlo diventare speciale».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Sì perché per renderlo croccante è necessario cuocere l’impasto direttamente a contatto con il piano del forno a legna, in modo che il calore ne abbrustolisca le estremità.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


Oggi realizzati di varie misure, originariamente pesavano addirittura 250 grammi ciascuno. «Dovevano rappresentare un pasto completo per i fedeli che passavano la notte in preghiera, in attesa delle statue dei misteri», ci racconta sempre Sabrina.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

A Molfetta, già dal 600, le confraternite cittadine erano solite predisporre un lungo corteo di statue sacre che partiva all’alba del venerdì attraversando le vie della città. Il corteo prendeva le mosse dalle chiese del Purgatorio e di Santo Stefano, lì dove i fedeli consumavano una colazione “di penitenza” con pane e tonno.  Durante la Quaresima infatti non si può mangiare carne in memoria della passione e morte di Gesù, così all’epoca si optò per un’alternativa altrettanto sostanziosa.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Anche se in passato il tonno non era un alimento alla portata di tutti - sottolinea il 70enne Angelo -. Così i meno abbienti viravano sul pizzarello farcito con recott squant o con acciughe». Oggi invece alla ricetta classica si affiancano varianti con capperi, pomodori e sottaceti.  

Naturalmente quest’anno a causa del Covid non ci sarà la classica processione, ma i molfettesi non rinunceranno certo al loro pizzarello. «Ci sono imprese di costruzioni che ne ordinano uno per ogni operaio – afferma Sabrina –, e così noi alle 5 di mattina siamo già al lavoro per farcirli e distribuirli sui cantieri per la tradizionale colazione del Venerdì santo».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

(Vedi galleria fotografica)


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